Una Jaguar E-Type nera sfreccia a tutta birra nelle tenebre, guidata da Diabolik con Eva Kant al suo fianco. Quella che prende forma dalla copertina di questo numero invernale di AutoItaliana è una straordinaria storia tricolore.
Celebra il successo di un rivoluzionario antieroe che è stato capace di appassionare un’intera nazione in un momento di grande fermento e sopravvivere a più generazioni e alle rivoluzioni culturali che si sono susseguite nell’ultimo mezzo secolo. Ancora oggi Diabolik vive in piena salute, è fedele ai suoi “principi” e gode di una popolarità immensa: in piena era digitale, si fregia di 3 milioni e mezzo di copie vendute l’anno. Un mito! Ma torniamo alla E-Type. Quando Angela Giussani, nel 1962, diede vita al personaggio, dovette immaginare un mezzo che gli consentisse di muoversi furtivamente tra le strade della fantomatica Clerville. La scelta ricadde, appunto, sulla mitica coupé inglese. “Ad Angela quell’auto piaceva moltissimo”, rivela Mario Gomboli, storico direttore editoriale di Astorina, la casa editrice del leggendario fumetto, nonché grande estimatore di Diabolik. Dunque, fu scelta per il suo charme: “Nei primi bozzetti, erroneamente, aveva persino il motore dietro...”, continua Gomboli, “all’inizio le Giussani pensavano fosse fatta così!”. Concetto prontamente chiarito. Che la dotazione dovesse poi includere infiniti stratagemmi tecnici e armi nascoste, che neanche la successiva DB5 di 007, lo conferma l’inedita “striscia” scritta da Gomboli e disegnata da Giuseppe Di Bernardo in esclusiva per AutoItaliana, che leggete a pag. 74. Il 2021, oltre a essere il 60° anniversario della E-Type che, come il buon vino, più passa il tempo più sprigiona fascino, è anche l’anno della pellicola Diabolik dei Manetti bros. Doveva debuttare in sala il 31 dicembre 2020, ma il protrarsi della situazione ha determinato il rinvio e, al momento di andare in stampa, non c’è ancora una data. Per farci dare qualche anticipazione sul lungometraggio più atteso dell’anno, che vedrà Luca Marinelli nei panni del ladro in calzamaglia, Miriam Leone in quelli di Eva Kant e Valerio Mastandrea impersonare l’ispettore Ginko, abbiamo però fatto una chiacchierata con il regista Antonio Manetti. Passando dagli antieroi della fantasia agli eroi in carne e ossa, abbiamo rintracciato quasi per magia il quaderno d’italiano e la pagella di Achille Varzi e abbiamo chiesto un suo ritratto in prosa a Giorgio Terruzzi, che del pilota di Galliate conosce anche i lati più intimi, dopo aver scritto “Una curva cieca” (1991) e “L’ombra oscura di Nuvolari” (2010). Da Miki Biasion, invece, ci siamo fatti raccontare il restauro della Lancia Delta HF 4WD più vittoriosa di sempre, ma anche dei tempi mitici del rally. Siamo poi stati a casa di Stefano Domenicali, per scoprire in anteprima pensieri e progetti del nuovo boss della Formula 1. Sempre a proposito di Circus, abbiamo fatto visita alla Scuderia AlphaTauri, che ha messo in bacheca una stagione pazzesca nel 2020, compreso lo storico bis a Monza con Gasly (il primo fu di Vettel nel 2008, in era Toro Rosso). Per chiudere in bellezza, ci siamo affidati alla magica penna di Ronny Mengo per farci spiegare come un altro nostro eroe contemporaneo, Max Biaggi, abbia deciso a 49 anni di entrare nel Guinness dei primati stabilendo il record di velocità su una moto elettrica: 408 km/h. Cose da pazzi. O da eroi, appunto.
Autodromo di Modena, 9 settembre. Nell’irriconoscibile paddock della pista si respira l’aria dei cari bei vecchi tempi. Quattrocento tra Vip e giornalisti, strizzati negli abiti delle grandi occasioni, ma tutti con mascherina ‒ di stoffa, made in Italy e col Tridente ricamato ‒ sono qui per il reveal della MC20. Ci siamo anche noi. La Maserati ha fatto “all in” per questo evento, ricreato in diretta anche a Tokyo e New York. A partire dal palco, monumentale (630 mq di superficie totale) tanto che ci si sarebbe immaginati di veder comparire d’improvviso i Coldplay o piuttosto Ligabue data la zona, con bassi, chitarre e percussioni. Invece no, lo show parte fragoroso con due batteristi abbigliati alla Stig di TopGear che accendono il pubblico impilato e distanziato nelle tribune fronte palco. Sugli immensi schermi a led scorre la maestosa leggenda della Maserati: Fangio, Ascari, la De Filippis, sino ai successi mondiali GT con le MC12 nel nuovo Millennio. E poi i modelli che si sono alternati su strada nella controversa storia del Tridente, dalle A6 GCS alle Ghibli, dalle Merak alle Biturbo e poi le berline e Suv di nuova generazione. Il ceo di Maserati, Davide Grasso, affiancato dai contemplativi John Elkann e Mike Manley, presidente e ceo di FCA, ha condensato la serata in una frase “stiamo ponendo la prima pietra per il nostro domani e lo stiamo facendo insieme, guidati dalla nostra passione, unici per il nostro design e innovativi per natura”. Champagne e tartine by Bottura per tutti! La sintesi della MC20 la leggete a pag. 58 di questo numero d’autunno di AutoItaliana. Un momento di coraggioso rilancio per il Paese, fiduciosi di potercela fare puntando sul nostro impareggiabile patrimonio di stile, buon gusto e talento. Rispolverando, insomma, un pizzico di orgoglio nazionale. Come quello che abbiamo lucidato quando la pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori si è allineata in pista per noi e ci ha aperto le porte della caserma di Rivolto per svelarci i preparativi del “day by day” prima di sollevarsi in volo. O, ancora, quando i cancelli dei tre autodromi che quest’anno hanno ospitato la F.1 si sono aperti per accoglierci tra i cordoli con l’Alfa Romeo GTAm a Monza, con la Ferrari SF90 Stradale al Mugello e con la Pagani Huyara Roadster BC a Imola. Abbiamo voluto celebrare così questi monumenti della velocità e i territori che li circondano. E, ancora guardando con fiducia al domani, siamo andati a conoscere più da vicino tre giovani uomini, nati col peso di dover dimostrare che anche con l’eredità di nomi e cognomi pesanti sui documenti ce la si può fare. Così, almeno, è stato per Ferruccio Lamborghini, Ottavio Missoni e Sergio Pininfarina.
Parigi, Rétromobile. È inizio febbraio, quando vivevamo ancora inconsapevoli dell’incubo che ci avrebbe travolti. Sono allo stand di Michael Kliebenstein, noto agli appassionati per esporre meravigliosi gioielli anteguerra nei principali salotti heritage contemporanei. Michael questa volta non mi parla genericamente di motori, bensì di un libro. Il suo titolo è “SuperFinds”. La storia ha dell’incredibile. Con in mano il primo prototipo di quel volume, Michael una a una mi racconta tutte le auto che vi sono illustrate. Sono perlopiù mostri sacri italiani, fotografati in stato di semi abbandono o a fine vita; risalgono a quando i proprietari, stufi di usarli oppure infastiditi dall’ennesima défaillance, sceglievano di non volerne più sapere. Abbandonavano quelle macchine per strada o le rifilavano per pochi spicci al meccanico di turno o a chi passava per primo. Così, ecco Ferrari 250 GT SWB, TdF, GTO, GTL e via dicendo nude, deturpate, stuprate, lasciate lì ad arrugginire in un angolo. A marcire. C’è l’Alfa Romeo 8C 2900 B Le Mans, che corse a La Sarthe nel 1938 con Sommer e Biondetti, e oggi è al Museo Alfa Romeo, all’epoca dimenticata, ignorata. Ci sono diverse Lamborghini, Cisitalia, Maserati, monoposto e motoscafi con carriere pazzesche che commuovono per le condizioni. C’è addirittura la Triumph TR3, resa immortale da Marcello Mastroianni ne “La Dolce Vita”, adagiata sul tetto dopo un volo pindarico. A raccogliere e archiviare tutte quelle immagini straordinarie fu Corrado Cupellini, grande conoscitore e appassionato di auto che, con i preziosi suggerimenti del Conte Giovannino Lurani ‒ che tra le mille epiche gesta condusse al successo Auto Italiana, leggete a pagina 24 la sua intervista a Enzo Ferrari ‒ sapeva scovare con disinvoltura questi capolavori. La poesia del tutto, orchestrata in musica dallo straordinario senso ritmico di Giorgio Terruzzi, vi addolcirà il tempo leggendo questo racconto. Come accadrà, approfondendo altre storie italiane ricolme di passione. Quella di Eugenio Amos, che dopo aver sorpreso il mondo con la sua interpretazione Futurista della Delta, ora fa sul serio e inizia a consegnare i suoi gioielli ai collezionisti più altisonanti del pianeta. Quella di Kevin Rice, head of design Pininfarina, che ha aderito entusiasta al nostro progetto di celebrazione dei 90 anni della prestigiosa “Carrozzeria”, mettendo al lavoro il suo centro stile per noi. Quella di Fabrizio Buonamassa, designer napoletano, che oggi definisce l’aspetto degli orologi della maison Bulgari. Quella di Federico Bombiero, founder di @Petroltribe, che ha realizzato il contributo speciale del numero interpretando col suo originalissimo tocco le livree di alcune delle monoposto più evocative degli anni 70 e 80. Italiane naturalmente. Quella di Pietro Iurilli, l’amico delle star di Hollywood. Quella di Andrea Mazzuca che, in scia ad altri esempi imprenditoriali coraggiosi, non trovando guanti da guida in sintonia con il suo elevato senso del gusto, ha deciso di far da sé. Concludo con un personale e partecipato ringraziamento a Carlo Ludovico Borromeo, che si è proposto di realizzare la copertina di questo numero estivo di AutoItaliana.
“La storia dell’Alfa Romeo è una storia straordinaria. Fatta di automobili bellissime, di rivoluzioni tecnologiche, di vetture entusiasmanti, di passione, di tanti alti e altrettanti bassi. È la storia di una fabbrica e degli uomini che l’hanno diretta, gestita, riempita, difesa e amata e a volte anche contrastata, poiché certe dinamiche all’Alfa Romeo sono sempre state particolari. Del resto l’Alfa Romeo non è mai stata una casa automobilistica come le altre”. Ecco. Prendendo in prestito queste righe dallo scrittore e collega Luca Dal Monte ‒ le leggete a pag. 74 ‒ introduco il motivo fondamentale di questo rosso vivo di copertina. In un momento così tragico per il nostro Paese, abbiamo voluto creare un volume di AutoItaliana capace di intrattenere e far sognare i lettori, partendo da una storia appassionante. Quella che ha contraddistinto i primi 110 anni di vita dell’Alfa Romeo, un marchio ammantato di leggenda e che ancora oggi annovera entusiasti in ogni angolo del pianeta. Leggerete testimonianze storiche, alcuni passaggi fondamentali della vita del marchio, riapprezzerete qualche nostro contenuto pubblicato oltre 50 anni fa, ma anche qualche fuga in avanti, per capire quali saranno le prossime mosse. Ci sono i “maschi Alfa”, appunto, cioè gli uomini che hanno scritto il destino del marchio, ognuno per la propria epoca con strategie precise e decisioni forti. C’è il ricordo intimo di Matteo Sartori, che del bisnonno Nicola Romeo ha sempre sentito la presenza eterea nella villa di Magreglio, per lui semplicemente la casa della nonna. C’è la storia, a fumetti, della prima gara della F.1, dove tre Alfa Romeo hanno stracciato tutti tagliando prime il traguardo. C’è Bernie Ecclestone, che svela i retroscena di una relazione sofferta; c’è Antonio Giovinazzi, che nella vita più di ogni altra cosa vuole riportare una monoposto Alfa sul podio. Ci sono le strade della 1000 Miglia – deserte, per ovvie ragioni ‒ sulle quali, proprio 90 anni fa, primeggiò una 6C 1750 GS con un tal Tazio Nuvolari. C’è la passione di Axel Marx, IL collezionista del marchio, l’uomo che apostrofa le Ferrari come “le Alfa Romeo dei poveri”. E poi c’è la visione di Klaus Busse, che traghetterà lo stile al domani, appena tornerà il cielo sereno, col vento in poppa della fusione tra FCA e PSA e con al timone il car guy Carlos Tavares. Un urlo di gioia, insomma, nei giorni più tragici della nostra storia recente, per uno dei più riconosciuti e apprezzati patrimoni italiani.
All’età di ventisette anni, Paolo Nespoli non aveva ancora chiaro quale sarebbe stato il suo percorso. La scintilla gliela accese una grande giornalista, Oriana Fallaci: da lì la corsa per la laurea in ingegneria aerospaziale e le prime missioni. L’ultimo lancio in cui è stato protagonista risale a poco più di due anni fa; all’età di sessant’anni è l’italiano più “maturo” a essere stato catapultato in orbita verso la Stazione Spaziale Internazionale. Il fatto ancora più avvincente, però, è che Nespoli è uno dei due connazionali ad aver effettuato missioni sia a bordo dello Space Shuttle sia con la Soyuz. America verso Russia. Ecco, sono le differenze tra i due mondi, il cuore della nostra intervista: dalla fase preparatoria, al lancio, al delicato rientro. Come viaggiare con una vecchia e affidabile Lada, oppure con una prepotente muscle car Mustang. AutoItaliana, ve lo abbiamo anticipato, non ha mai tenuto i piedi solo per terra. Meravigliosa è anche la storia di un altro italiano fenomenale, che a quarant’anni continua a combattere “gomito a terra” contro i più grandi talenti motoclistici del mondo, più giovani di lui anche di vent’anni. Ogni volta che scende in pista Valentino Rossi lo fa da campione qual è (nove titoli mondiali), e dà tutto se stesso per vincere, sempre. Ce lo ha ricordato, di nuovo, ad Abu Dhabi, il 15 dicembre, qualche giorno dopo essersi scatenato su una F1 Mercedes al Ricardo Tormo, facendo impallidire Lewis Hamilton. Con la Ferrari 488 GT3 del team Kessel, la sua prima 12 Ore se l’è vinta a mani basse, insieme al fratello Luca e all’inseparabile Uccio. Primo di classe, terzo assoluto. Eravamo nel suo box, accanto a lui, per raccontarvi il dietro le quinte di questo debutto, che gli spalancherà le porte della più grande competizione endurance della storia: la 24 Ore di Le Mans, forse già nel 2021. Un ultimo aneddoto. Quando ho telefonato a Paolo Paci, un altro campione della penna stavolta (con il suo 4810, si è guadagnato il premio Bancarella Sport la scorsa estate), per chiedergli di dedicare un contributo esclusivo al numero due di AutoItaliana, non ha battuto ciglio e ha scritto un racconto ammantato di storia, sogni e ricordi che vi farà viaggiare con la mente verso incantevoli scenari dolomitici. Lasciatevi cullare, prendetevi il tempo per perdervi tra quelle parole allineate con garbo. Sono italiani come loro, con testa, cuore e talento a rendere unico questo incredibile Paese.
Sono a Maranello, nell’ufficio di Flavio Manzoni, Vice President Design Ferrari. È tarda primavera quando gli anticipo che, dopo 50 anni e in occasione del suo centenario, Editoriale Domus ridarà vita ad AutoItaliana. Non per farne un altro giornale di automobili, non abbiamo aspettato così a lungo per riproporre una formula già consumata. Invece, per interpretare un concetto di stile contemporaneo, in grado di abbracciare il nostro incantevole Paese nelle sue molteplici forme d’arte. L’espressione del gusto italiano applicato alle sue più svariate declinazioni: design, moda, accessori, buona tavola, turismo e, naturalmente, motori. L’automobile è il fil rouge; l’ambizione è di avere un respiro internazionale. Manzoni ha in lancio cinque modelli quest’anno: un’operazione “titanica” per Ferrari, mai affrontata nella storia. Certo, sono progetti avviati tempo fa, ma l’attività del Centro Stile – racchiuso in un’opera architettonica strabiliante, che lui stesso ha contribuito a ideare – è frenetica. Nonostante ciò, un gruppo di giovani talenti, che spende le giornate a concepire le Ferrari di domani, ha aderito con entusiasmo all’idea di realizzare qualcosa di unico per il lancio di questo giornale e ha disegnato la storia dei motori del Cavallino narrata attraverso dieci tavole straordinarie. Una è in copertina, raffigura la Dino 246 del 1969, anno in cui avevamo interrotto il nostro viaggio (leggete a pag. 24). Ma sono molti altri gli interventi magnifici in questo numero. Sempre dal cuore della “Motor Valley”, Giampaolo Dallara si è messo al volante della sua personale Lamborghini Miura, per la prima volta davanti a un obiettivo e ci ha regalato un sorriso incantato. Horacio Pagani ci ha raccontato di quella valigia piena di sogni, e con dentro cinque lettere vergate da Fangio, che lo ha accompagnato dall’Argentina all’Italia negli anni ’80. Roberto Giolito, Head of FCA Heritage e autore delle linee delle Fiat moderne più di successo, ha sintetizzato i 120 anni del marchio torinese in 12 auto e nel racconto dei suoi tre decenni d’azienda. Poi, che fossimo lanciati nella giusta direzione ce lo ha confermato la BMW, che a fine maggio a Villa d’Este ha svelato la “copia” appena ricostruita – in Italia – della Garmisch di Marcello Gandini, star a Ginevra nel 1970 e poi perduta. Ecco questo è AutoItaliana: sarà in edicola a ogni inizio di stagione. È ora di girare la chiave e partire.